Un grande disco di bronzo è eretto in modo da mostrare le sue due facce allo spettatore. Il cerchio, lucidato fino ad assumere una qualità specchiante, è però come corroso dall’interno secondo cinque linee che si dipartono dal centro. All’interno di tali fenditure, la materia rivela una vita misteriosa e tellurica, mentre la forma della scultura può suggerire un sole o alludere al leonardesco Uomo Vitruviano.
Un primo modello, di dimensioni ridotte, per questa scultura fu esposto alla Marlborough Gallery di New York nel 1965. In seguito, Pomodoro ne trasse due esemplari più una prova d’artista, tutti grandi il doppio e fusi in bronzo nel 1972. Se le due opere presero la strada di grandi collezioni all’estero, la prova d’artista rimase inizialmente presso l’autore, per essere poi esposta per alcuni anni nella piazza centrale di Vigevano. È lo stesso artista a raccontare come, l’allora Sindaco di Milano Carlo Tognoli, venuto a conoscenza dell’impossibilità da parte della città di Vigevano di accettare il dono permanente del Disco, volle accoglierlo a Milano, trovando insieme allo scultore la centralissima collocazione di piazza Meda.
Si coglie nell’opera il tema principe di Pomodoro, ovvero la tensione drammatica tra la levigatezza assoluta delle forme chiuse, sottolineata dalla politezza del bronzo, e la loro spaccatura interna, che rivela una ribollente vita, la quale allude tanto al magma della materia in divenire quanto agli ingranaggi di misteriosi macchinari o circuiti elettronici. Questa dialettica si ricollega poi all’immagine leonardesca dell’Uomo Vitruviano, un simbolo per i milanesi, inscritto in un cerchio perfetto. Il disco evoca infine un grande sole, che esplode irraggiando una incontenibile vitalità, in sintonia con quella della città nella quale l’opera ha trovato posto.
foto: © Beppe Brancato | © Christian Richters | © Fabrizio Stipari